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Imballati dalla Rometta: ora serve un girone di ritorno da Scudetto per provare a entrare in Champions

Un Napoli sterile

Nonostante un arbitraggio pessimo nel metro di decisione adottato dal signor Colombo della sezione di Como, il Napoli perde 2 a 0 all’Olimpico chiudendo in 9 una partita che non ha mai dato la sensazione di poter vincere nemmeno in parità numerica. I due cartellini rossi a Politano e Osimhen non possono rappresentare una giustificazione per una squadra che ha perso ogni brillantezza nel palleggio (inesorabilmente lento, prevedibile) e nella forma fisica. Una fuori serie bellissima ma priva da troppo tempo del suo motore. Nonostante la Roma sia una squadra che tende ad aspettare l’avversario per ripartire, il Napoli vince sì il dato del possesso palla (59% contro il 41% giallorosso) ma lo porta avanti in maniera sterile, non riuscendo mai a tradurlo in pericoli a partire dalla trequarti avversaria. Osimhen non è stato mai supportato dai compagni, risentendo della marcatura a uomo dello spagnolo Llorente. Le due catene laterali provano a creare qualche pericolo, senza mai trovare però l’ultimo passaggio o in alternativa lo spazio per l’inserimento delle mezzali o un potenziale assist per il pallone d’oro africano. Per gli azzurri tre tiri nel primo tempo, nessuno di questi nello specchio della porta, nel secondo tempo quattro i tiri totali, solo due verso la porta, di cui solo uno dentro l’aerea da parte di Kvaratskhelia. La statistica dei gol attesi (xG) – che valuta la qualità di una chance calcolando la probabilità che sarà fatto un goal da una determinata posizione del campo in una determinata fase di gioco – parla chiaro: 1.93 per la Roma, 0.69 per il Napoli. Cifre che rispecchiano il risultato finale.

Difficoltà nel costruire il gioco

Il Napoli è una squadra che ha grosse difficoltà a produrre azioni da gol chiare. Contro squadre che fanno della densità a centrocampo il loro punto di forza, proprio come la Roma, lo sviluppo dell’azione a partire dai terzini – senza citare Lobotka per il quale ormai basta mettergli l’uomo addosso per disinnescarlo – diventa un montagna da scalare, anche solo nel superare la linea di centrocampo avversaria. Bastano i raddoppi su Di Lorenzo o Mario Rui per bloccare lo sviluppo dell’azione. La riaggressione sulle palle perse e il pressing ultra-offensivo, intravisto nelle prime partite con Walter Mazzarri in panchina, sono ormai uno sbiadito ricordo di una squadra sempre più allo sbando. In entrambe le fasi di gioco ci sono grosse difficoltà, nei singoli (Di Lorenzo su tutti risente di una certa fatica) che di reparto.

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Serve un girone di ritorno da Scudetto per la Champions

Mancano due partite alla fine del girone di andata, Monza in casa e Torino in trasferta. Nonostante le assenze importanti, servirebbero 6 punti per iniziare a mettersi alle spalle un post-Scudetto finora disastroso in ogni scelta manageriale da parte del presidente che, in settimana, ha per la prima volta fatto mea culpa con un’intervista al Corriere dello Sport. La finestra di mercato invernale permetterebbe di inserire calciatori pronti, in grado di sopperire alla partenza di Anguissa in Coppa d’Africa e soprattutto di rinforzare la difesa, vero punto debole di questo Napoli. ADL lo sa e Mazzarri glielo ha ricordato. L’aggiunta di forze fresche, ovvero di calciatori affermati e di primo piano in grado di dare subito un contributo, consentirebbe al tecnico toscano di provare anche quel 3-5-2 molto più nelle sue corde rispetto al 4-3-3, vestito spallettiano, rovinato prima dal sarto Garcia e rattoppato con difficoltà da Mazzarri. Serve un girone di ritorno da prima della classe, o quasi, per mettere in cassaforte quella qualificazione Champions su cui si basa ogni discorso di ambizione sportiva del club azzurro. Fate presto.