Home In primo piano Quando Napoli era una big: la Coppa Italia Basket del 2006

Quando Napoli era una big: la Coppa Italia Basket del 2006

Erano passati 18 lunghi anni dall’ultimo trofeo vinto da una squadra napoletana nella palla a spicchi: correva l’anno 2006, precisamente il mese di febbraio, il mondo era completamente diverso e anche il luogo: non la Inalpi Arena di Torino bensì il PalaFiera di Forlì. Ma una cosa non era diversa dal 2023, la passione dei napoletani; anche allora c’erano sugli spalti tantissimi tifosi napoletani, più di tremila, che erano accorsi in Romagna per sostenere la Carpisa Napoli, una squadra in missione per rendere realtà un sogno cioè vincere il primo storico trofeo nazionale dagli anni ’60, precisamente dalla Partenope che vinse la coppa Italia nella sua prima edizione nel lontano 1968. Napoli nel 2006 era una città innamorata della palla a spicchi, infatti, il basket faceva un po’ da contraltare alla situazione del Napoli Calcio, in Serie C1, nella seconda stagione post fallimento (stagione che gli azzurri chiuderanno al primo posto conquistando la promozione in Serie B). La Carpisa stava in effetti disputando una grande stagione fino a quel momento e si era presentata alle FinalEight di Coppa Italia come seconda testa di serie, dato il secondo posto in classifica in serie A con il miglior attacco del campionato (90.5 punti realizzati di media a partita) in una lega che vedeva ai nastri di partenza squadre sulla carta più forti e molto ben attrezzate: la Fortitudo Climamio Bologna allenata da coach Repesa con in squadra un giovane Belinelli e giocatori del calibro di Lorbek e Becirovic, la Benetton Treviso di coach Blatt e di Zisis, Siskauskas e del predestinato Andrea Bargnani, la MontePaschi Siena di coach Recalcati e di Kaukenas, Stonerook e Chiacig, la Virtus Roma di coach Pesic e di Hawkins e Dejan Bodiroga senza dimenticare l’Armani Jeans Milano di un giovanissimo Gallinari, Galanda e Bulleri.

Un roster di primo livello

Ma la Carpisa di quell’anno non voleva assolutamente essere da meno: in panchina c’era Piero Bucchi, l’allenatore che aveva riportato Napoli in serie A nel 2002 e che era in cerca di riscatto dopo l’esonero arrivato alla Virtus Roma, in campo invece la squadra era nelle mani di uno dei giocatori più amati dagli appassionati napoletani della palla a spicchi: Lynn Greer. Molto veloce in campo, la sua grande abilità ad infilarsi tra le maglie della difesa in penetrazione unita alla sua efficacia nel tiro da tre punti, lo rendeva uno dei migliori attaccanti del campionato, quel giocatore a cui avresti affidato l’ultimo tiro senza remore, data anche la sua grande affidabilità nel “clutch”. Dopo la formazione nel college di Temple, Greer aveva iniziato la sua carriera europea ad alti livelli allo Slask Wroclaw in Polonia dove si rivela uno straordinario realizzatore chiudendo come miglior marcatore dell’Eurolega (25.1 punti in 14 partite), poi era passato alla Dinamo Mosca in Russia quindi era arrivato a Napoli già con una grande esperienza del basket europeo. Ma in Serie A Greer si rivelerà praticamente immarcabile: chiuderà da miglior marcatore del campionato con 22.6 punti di media con il 53.8% da due e il 48.6% dall’arco e miglior realizzatore di liberi (91%), cifre che gli varranno il premio di MVP della stagione regolare. Attorno alla sua stella Bucchi aveva costruito una squadra di giocatori cosiddetti “di sistema” non fenomeni ma tutti pronti al sacrificio e che sapevano bene cosa fare in campo: la guardia titolare era Jon Stefansson islandese dotato di un ottimo tiro da 3 punti e di una grande predisposizione alla fase difensiva, come ala piccola Michel Morandais, francese dotato di grande atletismo e forte nell’1 vs 1, nel ruolo di 4 Ansu Sesay ala forte americana arrivato da Roseto giocatore molto versatile infatti il suo gioco gli permetteva di essere pericoloso sia sotto canestro, sia dalla distanza e palla in mano; da pivot Alessandro Cittadini, battagliero sotto canestro e molto solido difensivamente, solidità con la quale compensava cifre offensive non esagerate. Chi entrava dalla panchina poi si dimostrava spesso all’altezza dei titolari: Jay Larranaga, americano naturalizzato irlandese molto esperto ed efficace dall’arco, Valerio Spinelli, playmaker di riserva veloce e dotato di grande inventiva, in grado di spaccare le partite entrando dalla panchina, il giovane Richard Mason Rocca a metterci il cuore sotto canestro e “the last but not the least” il capitano Mimmo Morena, leader carismatico della squadra, uomo-spogliatoio che univa al grande fisico un buon tiro da fuori ma soprattutto uno che in campo e in panchina suonava la carica e spesso compensava i limiti tecnici e/o fisici con grande grinta e passione, trascinando con sé tutti i compagni.

Gli ostacoli Milano e Treviso

Il cammino della Carpisa nelle Final Eight di coppa Italia prevedeva come prima partita l’ incrocio nei quarti di finale con quell’Olimpia Milano allenata da Sasha Djordjevic che in campionato l’aveva già sconfitta due volte, ma dopo l’equilibrio iniziale fu Spinelli (15 punti) a spaccare la partita entrando dalla panchina e portando Napoli in vantaggio all’intervallo, poi sarà Greer (24 punti) a salire in cattedra e a chiudere la partita con i liberi nel finale per l’83-79 con cui Napoli si guadagna la semifinale. L’avversario che si ritrova davanti è la Benetton Treviso con Siskauskas, Zizis e gli italiani Mordente, Soragna e Bargnani una squadra piena di talento e che partiva favorita avendo vinto le ultime tre edizioni della Coppa e infatti i biancoverdi partirono forte, ma vennero ripresi nel secondo quarto e poi travolti in un secondo tempo perfetto della Carpisa che piazzò due parziali decisivi da 11-3 e 11-1 e chiuse la partita sull’ 84-74; Napoli era in finale e finalmente l’impresa di vincere un trofeo sembrava possibile.

La finale

L’ultimo ostacolo era la Lottomatica Virtus Roma, con David Hawkins che stava giocando un basket di alto livello nella competizione, coadiuvato da due campioni come Bodiroga e Tusek; Napoli parte di nuovo male, ma quando Morena segna la tripla del sorpasso sulla sirena del primo quarto si capiva già che quella sarebbe stata una partita speciale, Napoli va di nuovo sotto nel secondo quarto chiudendo a -6 e nel secondo tempo inizia una battaglia punto a punto fino agli ultimi secondi dell’ultimo quarto in cui due liberi di Tonolli pareggiano la partita per Roma sul 72 pari, la partita sarà decisa all’overtime. Lì sale in cattedra Greer, che segna 8 dei suoi 22 punti nel supplementare portando Napoli in vantaggio fino all’80-77. Poi la giocata decisiva la fa forse il giocatore meno atteso cioè Cittadini, che prende un grande rimbalzo in attacco e segna il canestro dell’82-77; Greer chiuderà poi la partita dalla lunetta segnando i liberi dell’85-81, rendendo inutile l’ultimo tiro di Tusek. La partita finisce 85-83, la Carpisa Napoli vince il primo trofeo della sua storia, con capitan Mimmo Morena che alza il trofeo sul parquet di Forlì sulle note de “O’ surdato nnammurato”, una vittoria che il vulcanico presidente Maione definì “una vittoria di Napoli, una vittoria di tutto il Sud”.