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Quelle schermaglie inopportune

Se secondo posto deve essere, vogliamo essere sicuri che lo sia stato per lo strapotere tecnico della rosa dell’Inter e non per un calo di tensione dovuto a polemiche, in questo momento della stagione, evitabili

Monza è archiviata, con una vittoria di misura, brutta, sporca e nemmeno troppo cattiva. Ma ciò che conta, specie a questo punto della stagione, sono i tre punti, comunque arrivino. Anche perché da Conte non ti aspetti il bel gioco. Ti aspetti agonismo, difesa impenetrabile (gli azzurri, con 25 gol subiti, sono la miglior difesa del campionato), maglia sudata, giocatori che danno il 110 % e che tirano fuori qualità che, magari, non hanno mai fatto vedere.

E tutto questo, bisogna essere onesti, Antonio Conte lo ha portato a Napoli; altrimenti gli azzurri non sarebbero, a cinque giornate dalla fine, a giocarsi il tricolore con la corazzata nerazzurra che, a differenza del Napoli (lo abbiamo già sottolineato in passato) ha quasi tre squadre titolari che potrebbero benissimo ognuna giocare per il titolo in Italia.

Conte può, dalla sua, contare al massimo su 15 giocatori di livello da far ruotare che diventano 16 se nel computo inseriamo anche l’otttimo portiere Scuffet.

Il “miracolo” di Conte sta proprio qui: aver preso una squadra da posizione potenzialmente oscillante tra il 4° e il 9° posto (oggi occupato dal Milan dei vari Maignan, Hernandez, Leao, Walker, Pulisic, Reijnders e chi più ne ha più ne metta) e trasformata in una squadra in lotta per lo scudetto.

Chapeau e grazie per aver alimentato un sogno, una speranza, quella di chi, a cinque giornate dalla fine, “continuare a dare fastidio”.

Ora però è il caso di tornare compatti in vista del rush finale che attende il Napoli.

Le dichiarazioni pre e post Monza di mister Conte probabilmente non sono da leggere come di un addio annunciato, bensì come un voler rimarcare quanto di straordinario fatto da lui stesso, a prescindere che si arrivi primi o secondi e su questo qualunque tifoso o appassionato che abbia un minimo di capacità di ragionare non può che essere d’accordo.

Inoltre, l’allenatore magari vuole mettere le mani avanti, anche giustamente: a gennaio, da primi in classifica, mi avete indebolito la rosa (riferito alla società) con la cessione del miglior calciatore della A, Kvaratskhelia. Che a dire il vero per Conte, in quella fase storica almeno, era poco più che un rincalzo di lusso, a cui preferiva spesso Neres per la maggiore capacità di rientrare in fase difensiva che mostrava il brasiliano. Non nascondiamoci dietro un dito: molti tifosi, sbagliando assolutamente, in quel periodo sostennero che, avendo Neres, Kvara scontento poteva pure andarsene. Eresia, per quel che ci riguarda. Ma la storia è questa.

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Venduto Kvaratskhelia la società, come da tradizione “invernale”, non ha provveduto a rinforzare la rosa con acquisti adeguati a renderla quanto meno più “lunga”. Ecco, questo è quanto, tutti ne siamo consapevoli: Conte vuole anticipare il post giugno, succeda quel che succeda. Quel “a Napoli alcune cose non si possono fare” sta a dire: programmare di vincere con continuità non è nel DNA della società. E questo è vero, è la storia che lo insegna. Solo nel periodo di Diego vi sono stati anni (brevi) di successi continui tra trofei nazionali e europei. Nell’era De Laurentiis anche si è vinto, per carità, ma la programmazione di un ciclo è quella che manca, come dimostra il 10° posto arrivato la stagione dopo il terzo titolo nazionale.

Conte, quindi, aspira a spronare a cambiare pelle, passare da un DNA di successi sporadici ad uno di mentalità vincente perpetua. Altrimenti, come già ampiamente annunciato tra le righe, porrà le condizioni per andare via.

Ciò detto, De Laurentiis in risposta, al momento, ha utilizzato un aplomb inglese poco tipico del suo carattere: non è entrato nel merito delle dichiarazioni del mister ma ha rilanciato prospettando una squadra, l’anno prossimo, stellare già dal ritiro pre campionato, oltre che investimenti infrastrutturali importanti. Che dire, un patron “maturo” probabilmente è un modo per porre le basi per coltivare quel DNA vincente di cui parla Conte. E magari, con una stretta di mano, avviare questo ciclo con il mister salentino. Il silenzio del Presidente è comunque da ascrivere anche ad un freddo calcolo imprenditoriale: arrivare primi, senza essersi svenato nella bilancia cessioni/acquisti, è comunque nell’interesse economico del patron. Quindi, intelligenti pauca, direbbero i latini.

Però, ciò detto, ora basta con queste schermaglie, secondo noi inopportune, sia per il momento della stagione che per la posizione in classifica.

Sarebbe giusto, messe tutte le carte scoperte sul tavolo, ora ritornare esclusivamente al calcio giocato.

Ne va della tranquillità e della concentrazione di squadra e ambiente. Se secondo posto deve essere, vogliamo essere sicuri che lo sia stato per lo strapotere tecnico della rosa dell’Inter e non per un calo di tensione dovuto a polemiche, ripetiamo, in questo momento della stagione, evitabili.